Acromegalia.
L’acromegalia è una malattia causata, nella maggior parte dei casi da adenomi ipofisari che producono GH (ormone della crescita). In casi molto rari può essere provocata dalla secrezione di GHRH (ormone che stimola a sua volta la produzione di GH) da parte di tumori carcinoidi o delle cellule insulari pancreatiche. L’eccesso di GH determina una eccessiva produzione di somatomedina C (o IGF1), responsabile dei principali segni e sintomi della malattia. L’incidenza della malattia nei 2 sessi è pressoché uguale e l’età media della diagnosi è intorno ai 40 anni sebbene dalla comparsa dei primi sintomi alla diagnosi di malattia intercorrono dai 5 ai 10 anni.
Segni e sintomi:
Il quadro clinico è caratterizzato dall’ingrandimento delle mani, dei piedi e dei tratti del volto, dovuti alla proliferazione dei tessuti molli, aumento della sudorazione, facile affaticabilità, cefalea (spesso davvero invalidante) e aumento di peso. La tipica “facies” del paziente acromegalico è caratterizzata dall’aumento del volume nasale, crescita della mandibola verso il basso e in avanti, aumento degli spazi interdentali (diastasi), labbra ispessite e lingua aumentata di volume (macroglossia). L’eccessiva crescita ossea e cartilaginea porta alla comparsa di artralgie e, col tempo, ad atrite degenerativa della colonna vertebrale. L’eccesso di GH e di IGF1 provoca inoltre l’aumento di volume degli organi interni, come le ghiandole salivari e la tiroide (frequente il gozzo tiroideo), provoca cardiomegalia (ingrandimento del cuore) che compromette la funzione contrattile globale cardiaca e ingrossamento dei tessuti molli delle prime vie respiratorie che possono provocare apnee ostruttive del sonno. E’inoltre frequente la formazione di polipi del tratto gastrointestinale, dai polipi iperplastici e adenomatosi fino a neoplasie vere e proprie E’ comune una ridotta tolleranza glucidica e l’iperinsulinismo. Nel 60% delle donne e nel 46% degli uomini, la crescita del tumore ipofisario può condurre ad una ridotta secrezione di ormoni che stimolano le ovaie e i testicoli e di conseguenza ad una compromissione delle funzioni sessuali e della fertilità.
Come si fa la diagnosi di acromegalia?
Gli esami di primo livello comprendono un dosaggio di IGF1 e di GH basali. Se tali esami risultano alterati, la diagnosi va confermata con un test dinamico che consiste nel misurare i livelli di GH a distanza di 30,60,90 e 120 minuti dopo un carico orale di glucosio. Un valore di GH > di 0,4 ug/L al 120 minuto conferma la diagnosi di acromegalia. I pazienti con diagnosi biochimica di acromegalia devono essere sottoposti a risonanza magnetica della regione ipofisaria con mdc, obbligatoria per valutare le dimensioni e la localizzazione dell’adenoma. Nel 75% dei casi si tratta di macroadenomi ipofisari.
Come si cura l’acromegalia?
La terapia di prima scelta è rappresentata dalla chirurgia, effettuata in centri specializzati nella patologia ipofisaria e in mani esperte. Essa ha maggiori probabilità di cura nei tumori di piccole dimensioni e a localizzazione prevalentemente sellare. In circa il 50% dei casi di tumore con invasione delle strutture anatomiche circostanti come le carotidi o i seni cavernosi, la chirurgia non risulta sufficiente e i pazienti vengono indirizzati alle cure mediche. I farmaci attualmente utilizzati per la cura dell’acromegalia sono:
- Analoghi della somatostatina a lunga durata d’azione con somministrazione intramuscolare mensile (octreotide e lanreotide) sono i farmaci più utilizzati nei pazienti che non sono stati curati dalla chirurgia e presentano un residuo di adenoma o quando esistono controindicazioni all’intervento chirurgico (età avanzata, elevato rischio operatorio, comorbidità severe). Gli analoghi della somatostatina determinano un buon controllo ormonale e delle complicanze della malattia. Sono inoltre farmaci con effetti collaterali ridotti (dolori addominali e diarrea dopo la somministrazione, litiasi biliare)
- Antagonista recettoriale del GH (pegvisomant) a somministrazione socttocutanea giornaliera. Vengono utilizzati nei pazienti intolleranti o resistenti agli analoghi della somatostatina o in associazione ad essi per raggiungere un controllo ottimale della malattia
- Dopamino agonisti (cabergolina e bromocriptina) raramente utilizzati come unica terapia. Sono usati spesso in associazione agli analoghi in particolare negli adenomi misti (secernenti sia GH che PRL)
- Farmaci in sperimentazione clinica: pasireotide (studi in corso)
La terapia radiante convenzionale è attualmente poco utilizzata per via dei numerosi effetti collaterali ad essa associati: ipopituitarismo anche tardivo (perdita della funzione ipofisaria globale), rinorrea, meningite da radio necrosi locale, rischio di “second tumor”; nel caso di adenomi particolarmente aggressivi si preferisce eseguire una irradiazione limitata alla sella turcia (gamma-knife) attualmente limitata ancora a pochi centri specializzati con percentuali di cura fino al 50% e ridotto rischio di ipopituitarismo (<5%).